Cassazione, ordinanza n. 3651: irregolare tenuta delle scritture contabili

Cass. Civ. Sez. V, 14/02/2011, Ordinanza n. 3651.
Cassazione, ordinanza n. 3651: irregolare tenuta delle scritture contabili
Processo tributario - Registro - Irregolare tenuta delle scritture contabili - Società e consulente fiscale - Responsabilità - Sanzioni - Sussiste - Art. 51, D.P.R. n. 633/1972 - Art. 32, D.P.R. n. 600/1973 - Art. 380-bis, c.p.c.
Sabato 26 Febbraio 2011

L'azienda che ha una contabilità irregolare è sanzionabile anche se la tenuta delle scritture contabili è sata affidata ad un consulente esterno non dipendente dell'azienda stessa.

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Il Collegio:

Letti gli atti del ricorso specificato in epigrafe;
Premesso che il ricorso è stato proposto tempestivamente, perchè risulta consegnato presso UNEP della Corte di Appello di Roma il 21 maggio 2007 (cron. 10.669, cassa 9);
Nel merito, vista, condivisa e fatta propria la relazione redatta ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., nella quale si legge: "La controversia ha ad oggetto un accertamento induttivo a carico della società Miror Metalli Preziosi srl, sul presupposto della omessa dichiarazione dei redditi, della inattendibiltà delle scritture contabili e dell'esito delle indagini bancarie sui conti del socio P..

La CTP adita dalla società ha rigettato il ricorso. La CTR, invece, lo ha accolto sul rilievo che:
- la dichiarazione dei redditi risultava regolarmente presentata;
- la contabilità non poteva essere inattendibile perchè, trattandosi di commercio dell'oro soggetto alla attività di vigilanza dell'UIC, tutto avviene nella massima trasparenza;
- i flussi finanziari riscontrati nei conti del socio P. non possono essere imputati ad "omessi ricavi senza riscontri oggettivi";
- che eventuali irregolarità contabili erano da imputare al commercialista.
L'Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe sulla base di sei motivi.

Con i primi due motivi viene denunciata la incongruenza del ragionamento della CTR secondo il quale l'attività di commercio dell'oro non potrebbe non essere effettuato in maniera perfettamente legittima, attesa l'attività di vigilanza svolta dall'Ufficio Italiano dei Cambi.
La censura è manifestamente fondata. Se fosse vero quanto afferma la CTR bisognerebbe escludere che in Italia si sia mai verificato un episodio di contrabbando d'oro, in considerazione della vigilanza svolta dall'ente competente.
L'affermazione è manifestamente errata. Il fatto che talune attività siano soggette a vigilanza di appositi organi non significa che non possano sfuggire a tale vigilanza. L'esistenza della CONSOB o della Banca d'Italia non ha impedito la realizzazione di frodi epocali nel mondo delle società per azioni quotate in Borsa o nel campo bancario.

Manifestamente fondata è anche la denuncia di violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, (motivi 3 e 4), in quanto se, come nella specie, non viene contestata la riferibilità dei movimenti bancari alla società (nella sentenza della CTR si parla di movimenti effettuati per autofinanziare la società), l'imputabilità a ricavi dei relativi flussi non richiede alcun riscontro oggettivo, mentre è il contribuente a dover dimostrare poi di averne tenuto a tenuto conto nelle dichiarazioni o che si tratta di flussi finanziari che non si riferiscono ad operazioni imponibili (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2, e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2).

Quanto alla legittimità dell'accertamento induttivo (motivo n. 5), la censura è irrilevante perchè la CTR non esclude la legittimità del metodo dell'accertamento. Esclude semmai la percentuale di ricarico, ma sempre sul presupposto, errato, della inesistenza di un mercato parallelo di contrabbando dell'oro.

Anche il sesto motivo appare manifestamente fondato. Erroneamente la CTR ha escluso la responsabilità della società (ai fini sanzionatoli) in ordine alla irregolare tenuta delle scritture contabili, scaricandola sul consulente fiscale, che, tutt'al più, potrebbe essere un concorrente nell'illecito costituito dalla violazione di un obbligo che fa capo all'ente e per esso al legale rappresentante. Trattasi di obbligazioni di carattere pubblico-sanzionatorio che come tali non sono delegabili.

Resta invece acquisito in punto di fatto la circostanza che la dichiarazione dei redditi è stata regolarmente presentata";

Considerato:

- che la relazione è stata notificata ai sensi dell'art. 308 bis c.p.c., comma 3, che la discussione in camera di consiglio non ha apportato nuovi elementi di valutazione;
- che, pertanto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese, ad altra sezione della CTR del Lazio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della CTR del Lazio.

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