Richiedi una consulenza legale in diritto civile 1) Entro quanto tempo posso impugnare il licenziamento?

RISPOSTA: Innanzitutto l’art. 2 L. 15/07/1966 n. 604 (che ha introdotto nel nostro ordinamento la disciplina limitativa dei licenziamenti, a cui hanno fatto seguito altre leggi) prevede che il licenziamento debba essere intimato (comunicato) per iscritto; successivamente, entro quindici giorni, il lavoratore può chiedere la motivazione, che il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare nei successivi sette giorni.

Se il datore di lavoro omette di comunicare il licenziamento per iscritto o non specifica, ove richiesto, i motivi del provvedimento, il licenziamento è inefficace.

Premesso questo, l’art. 6 L. 604/66 stabilisce che il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo debba essere impugnato, a pena di decadenza, entro 60 gg dal ricevimento della comunicazione con qualunque atto scritto, che può anche consistere in una lettera, purchè sia rispettato tale termine, oltre il quale non è più possibile opporsi al licenziamento.

Naturalmente non ricorre per il lavoratore l’obbligo di impugnare un licenziamento intimato oralmente, stante la assoluta inefficacia dello stesso.


2) Posso essere licenziata durante il periodo di prova, nonostante il mio stato di gravidanza?

RISPOSTA: Il periodo di prova serve al datore di lavoro per verificare le attitudini professionali del lavoratore in relazione alle mansioni che è chiamato a svolgere e al contesto aziendale nel quale deve operare.

Fino a qualche anno fa si riteneva che la lavoratrice in maternità fosse oggetto di una speciale legge di protezione (L. 1204/71, che è oggi sostituita dal "Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità di cui al D.lgs. 26/03/2001 n. 151") che non dava rilievo al mancato superamento della prova come causa di licenziamento, per cui non era possibile per il datore licenziare la lavoratrice in stato di gravidanza, con la motivazione che ella non avesse superato il periodo di prova.

Successivamente la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 172 del 27/05/1996, ha dichiarato incostituzionale la legge n. 1204 (oggi accorpata nel Testo Unico) nella parte in cui non prevede, tra le deroghe al generale divieto di licenziamento della lavoratrice madre, il mancato superamento della prova; secondo il ragionamento della Corte, il datore di lavoro non può essere costretto a mantenere in servizio la lavoratrice che, anche se in gravidanza, ha dimostrato di non essere idonea a svolgere le mansioni per le quali è stata assunta.

Naturalmente, onde evitare che il datore possa utilizzare tale strumento per discriminare la lavoratrice in maternità, la Corte ha specificato che egli, se è a conoscenza dello stato di gravidanza, deve espressamente comunicare le ragioni per cui ritiene che la lavoratrice non abbia superato il periodo di prova; in questa maniera la lavoratrice potrà controllare l’operato del datore di lavoro ed eventualmente agire in giudizio qualora ravvisi in esso un comportamento discriminatorio e quindi illecito.

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