Richiedi una consulenza legale in diritto di famiglia 1) Sono separata da alcuni anni e mio marito mi deve versare "gli alimenti", che però non riesco ad avere. Cosa posso fare?

RISPOSTA: La sentenza di separazione, o, nel caso di separazione consensuale, il decreto del Tribunale che omologa le condizioni di separazione concordate dai coniugi, costituiscono titolo esecutivo sulla base del quale è possibile agire per il recupero forzoso del credito, ossia il coniuge che deve avere l’assegno di mantenimento (i cosiddetti alimenti) può iniziare subito una procedura esecutiva nei confronti del coniuge obbligato, pignorando ad es: il suo stipendio o la sua pensione.

In quest’ultimo caso il coniuge avente diritto agli alimenti può convocare davanti al Giudice (dell’esecuzione) il datore di lavoro o l’ente previdenziale affinché a questi soggetti sia ordinato di versare una quota dello stipendio o della pensione direttamente al coniuge separato o divorziato (il più delle volte trattasi della moglie).

In questa maniera il datore di lavoro o l’ente previdenziale dovranno togliere ogni mese dallo stipendio o dalla pensione la quota spettante al coniuge separato e versargliela secondo le modalità che questi riterrà opportune, mentre il coniuge obbligato (il marito) non potrà fare nulla per bloccare i pagamenti mensili stabiliti a titolo di mantenimento.

Una precisazione: il Presidente del Tribunale alla prima udienza, nella quale devono comparire i coniugi, solitamente adotta i cosiddetti provvedimenti temporanei e provvisori, e con essi può riconoscere alla moglie una determinata somma a titolo di mantenimento, in attesa della sentenza definitiva: anche tale provvedimento costituisce titolo esecutivo che consente di procedere subito con l’esecuzione forzata, senza che sia è necessario aspettare la sentenza di separazione.


Utilità di Calcolo

Rivalutazione assegni di mantenimento non pagati
Adeguamento annuale istat dell'assegno di mantenimento


2) In quali casi rischio di perdere il diritto all’assegno di mantenimento?

RISPOSTA: L’art. 710 c.p.c. prevede la possibilità per i coniugi di chiedere, in qualunque momento, la modifica dei provvedimenti riguardanti i coniugi e i figli minori, e in tale ottica ciascun coniuge può ricorrere al Tribunale per far revocare o quanto meno modificare il provvedimento con il quale il giudice della separazione abbia disposto in favore dell’altro coniuge un assegno di mantenimento.

Naturalmente devono ricorrere determinate circostanze, ad es: nel caso in cui la moglie abbia cominciato a svolgere una propria attività lavorativa e percepisca quindi un proprio reddito, l’altro coniuge può rivolgersi al giudice perché questi riduca proporzionalmente l’importo dell’assegno di mantenimento a suo carico oppure addirittura lo esoneri dal corrispondere gli alimenti alla moglie, divenuta ormai autosufficiente.

In caso di divorzio, oltre alla possibilità di ricorrere al giudice in qualunque tempo ex art. 710 cpc qualora ricorrano circostanze tali da chiedere la modifica delle condizioni di divorzio, solo le nuove nozze dell'ex coniuge creditore dell'assegno di divorzio di cui all' art. 5 L. 1 dicembre 1970 n. 898, fanno cessare automaticamente l'obbligo, a carico dell'altro, di corrispondergli l'assegno stesso, ma non la semplice instaurazione di una convivenza "more uxorio", non implicando la stessa alcun diritto al mantenimento (Cassazione civile, sez. I, 30 ottobre 1996, n. 9505).

In altre parole, se il coniuge che percepisce l'assegno di divorzio si sposa nuovamente (ovviamente con altra persona) perde il diritto all'assegno di mantenimento, mentre se inizia una convivenza, questa, con l'attuale normativa, non determina automaticamente la perdita del diritto all'assegno.



3) Mio figlio è diventato maggiorenne: posso ridurre l'assegno di mantenimento?

RISPOSTA: La legge di riforma che ha introdotto importanti novità in materia di affidamento e mantenimento dei figli in caso di separazione dei genitori, prevede all'art. 155 quinquies, comma 1 c.c. che "il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico; tale assegno……è versato direttamente all'avente diritto".

Di conseguenza, anche se il figlio diventa maggiorenne, non significa che i genitori possano ridurre o addirittura negare l'assegno di mantenimento, ma al contrario rimangono obbligati finchè il figlio non diventi autosufficiente.

Sotto quet'ultimo profilo, la Cassazione ha in diverse occasioni precisato che il genitore che deduca la cessazione del diritto all'assegno di mantenimento per il figlio divenuto maggiorenne deve provare che questi è divenuto autosufficiente o che non è economicamente indipendente a causa della sua inerzia, ovvero del suo rifiuto ingiustificato di un lavoro compatibile con le sue attitudini. (v.d. per tutte Cassazione civile, sez. I, 16 febbraio 2001, n. 2289).

Pertanto, non è sufficiente per i genitori dimostrare che il figlio ha rifiutato un lavoro, per cui non ha più diritto ad essere mantenuto da loro, ma devono anche provare che il figlio ha rifiutato un lavoro consono alle sue attitudini e alla sua preparazione professionale.

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